Intervista – Artigiani delle parole

[Testo dell’intervista che Marina Invernizzi, CEO di Langue&Parole, mi ha fatto il 24 gennaio 2017]

Da oltre 25 anni residente in Olanda, Isabella Massardo è traduttrice da inglese e olandese verso l’italiano ed esperta di nuove tecnologie a supporto della traduzione. Dai software di traduzione automatica a quelli di traduzione assistita, Isabella ha provato via via tutte le nuove uscite sul mercato e oggi considera questi strumenti un “attrezzo” fondamentale per un “artigiano delle parole”. Oggi la intervistiamo per voi e ci facciamo anticipare qualcuno degli argomenti dei WebLab che terrà per noi tra maggio e giugno: “”, il nostro corso di introduzione e orientamento ai CAT, e “Traduzione automatica e post-editing”.

 

Ciao Isabella, partiamo con il chiederti: come sei arrivata alla traduzione? Qual è stato il tuo percorso formativo e lavorativo?

Ho iniziato a fare traduzioni a metà degli anni Ottanta, all’università. Studiavo russo e molte aziende locali facevano affari con l’Unione Sovietica, ma scarseggiavano i traduttori competenti in quella lingua. Se ripenso a come lavoravo allora (macchina da scrivere meccanica Olivetti e vocabolario generalista) e agli strafalcioni che potrei aver fatto, mi viene da sorridere: ne vedo ancora così tanti a dispetto dell’Internet e di tutte le risorse oggi disponibili!

Dopo la laurea mi sono trasferita in Olanda e per un po’ ho lavorato come traduttrice per Berlitz (poi divenuta Bowne Global, e infine Lionbridge). Nell’ottobre del 1991 ho deciso di mettermi in proprio e da allora sono “felicemente freelance”.

Se ripensare agli inizi mi fa sorridere, vederlo alla luce della mia formazione mi provoca disagio: ho seguito un percorso molto tradizionale, vecchio stile, con moltissima attenzione per la lingua e la letteratura (russa, inglese e francese), e nessuna indicazione su come affrontare il mondo del lavoro, o sui possibili sbocchi professionali. Laurearsi in lingue e letterature straniere, allora, significava innanzitutto darsi all’insegnamento, in qualche caso alla traduzione, e raramente all’interpretariato. Ho fatto tanta, tanta pratica, tanta, tanta fatica e tanti, tanti tentativi. Ho bussato a tante, tante porte e incassato tanti, tanti rifiuti.

Sei una traduttrice che da anni si batte per far comprendere ai colleghi che l’innovazione tecnologica non è un concorrente da combattere, ma un alleato che può aiutarci a facilitare il lavoro quotidiano. Come e quando hai iniziato a interessarti di tecnologie di aiuto alla traduzione?

A metà degli anni Novanta un cliente mi ha fatto “provare” Trados, che allora era per lo più una combinazione di macro in Word. Era instabile, troppo per il prezzo che allora costava (pari a quello della cucina che avevo appena comprato), e a un certo punto ho deciso di cercare qualcosa di meglio. Ho via via usato WordFast, Transit e infine memoQ, ma posso dire di aver provato tutti i CAT sul mercato.

PEMTTraduzione automatica e post-editing: un tema “scottante” nel nostro settore, che ti ha tenuta impegnata diversi anni durante il tuo lavoro al TAUS. A che punto è lo stato dell’arte a livello di software? Si possono considerare “affidabili”? Qual è il ruolo del traduttore umano quando vengono utilizzati strumenti di questo tipo?

L’opposizione attuale alla traduzione automatica (MT) ricorda quella agli strumenti CAT. È passato un quarto di secolo, sono ormai uno strumento quotidiano per un professionista e sono stati perfino inseriti nei programmi universitari, notoriamente antiquati e refrattari alle innovazioni, eppure ancora leggo di tutto e di più contro questi software.

Quando sono apparsi i primi strumenti CAT, la maggior parte dei traduttori si rifiutava categoricamente di usarli. A priori. Si diceva che avrebbero sostituito i traduttori, che avrebbero compromesso la qualità del loro lavoro, che ne avrebbero danneggiato la creatività e via discorrendo. In realtà sono di grande aiuto, permettendoci di essere più produttivi ed efficienti, di gestire la terminologia e di effettuare un controllo qualità; oggi sono come la sega per il falegname, gli strumenti di lavoro di un “artigiano della parola”.

Così, quando si parla di MT, si pensa solo a Google Translate o a Microsoft Bing. È vero, non offrono risultati entusiasmanti, anzi, ma mi viene da sorridere quando leggo giovani colleghi fare pubblicità ai propri servizi paragonandosi, in positivo, a Google Translate ;-).

Degli errori della MT si ride dai tempi di Babelfish. In realtà, spesso si usano esempi del tutto inappropriati, solitamente dovuti a ignoranza dello strumento; i risultati offerti da Google Translate con alcune coppie linguistiche, invece, sono decisamente impressionanti.

I motori per “uso professionale” sono sviluppati per una specifica combinazione linguistica, un dominio ristretto, e una determinata tipologia testuale, e forniscono ottimi risultati. Certo, “ottimo” è relativo. Inoltre, la traduzione automatica non viene impiegata per tradurre i volumi normalmente assegnati a un traduttore, ma volumi che nemmeno un nutrito gruppo di traduttori riuscirebbe a gestire in tempi brevi, per contenuti che solitamente non verrebbero tradotti, proprio a causa di questo ostacolo.

Ovviamente, con la MT il ruolo del traduttore cambia ed è necessario sviluppare nuove competenze e capacità. Il post-editing è solo una di queste; possiamo pensare anche al pre-editing (come scrivere il testo prima che venga tradotto automaticamente), allo sviluppo di database terminologici ad hoc e ai linguaggi controllati. Molte di queste competenze sono già richieste da tempo, e si tratta quindi di assecondare con lo sviluppo professionale una tendenza in atto. Per i traduttori con una certa esperienza è sicuramente una sfida, ma università e istituti vocazionali avrebbero ampi margini per integrare le tradizionali competenze linguistiche, non più sufficienti nel panorama odierno. Che siano pronti a farlo o no, è un discorso a parte.

Traduzione automatica da non confondersi con la traduzione assistita. Anche i CAT sono in continua evoluzione e miglioramento. Qual è in breve il panorama attuale?

Ricchissimo. In fondo il panorama della translation technology è anch’esso frutto della “orgy of amelioration” di cui parla Evgenij Morozov nel suo libro To Save Everything, Click Here. Ci sono strumenti per tutte le esigenze e per tutte le tasche. Personalmente, incoraggio sempre i colleghi a provare il maggior numero di strumenti possibile, per trovare quello che meglio risponde alle loro necessità (oltre che a quelle dei clienti).

A fine maggio terrai per noi la nuova edizione del WebLab “CAT Tools for dummies” e parlerai anche di CAT open source. Quali sono in sintesi pro e contro di questa modalità?

L’open source è un movimento di grandissima importanza. I prodotti open source sono tantissimi e tutti interessanti, non solo perché sono per lo più gratuiti, ma perché sono spesso la risposta a esigenze specifiche, ed è quasi sempre possibile trovarne uno che soddisfi le nostre o risolva un particolare problema. D’altra parte, però, possono non essere di utilizzo immediato e quasi mai dispongono di servizi di supporto e manutenzione, per i quali è necessario ricorrere alla community degli utenti e sperare…

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